Scienza, produzione e immagine pubblica.
Lo sviluppo ineguale della chimica del '900
Luigi Cerruti
Sommario. 0. Un paio di problemi storiografici. 0.1 Un tempo suddiviso in più tempi. 0.2 Tre componenti del rapporto fra scienza e società. 1. Scelte narrative. 1.1 Quasi una cronologia. 1.2 Quasi una analisi storica. 2. Chimica e fisica dell'atomo, 1900-1918. 2.0 Il periodo. 2.1 Il modello di Thomson, 1904. 2.2 Il modello di Rutherford, 1911. 2.3 Il modello di Bohr, 1913. 2.4 Il modello di Lewis, 1916. 3. La biochimica, 1900-1918. 4. Chimica e chimica-fisica della struttura, 1918-1945. 4.0 Il periodo. 4.1 Chimica organica fisica. 4.2 Chimica quantistica. 4.3 Chimica macromolecolare. 4.4 Biochimica. 4.5 La chimica fisica e la sua strumentazione. 5. Mutazione e travestimento, 1945-1975. 5.0 Il periodo. 5.1 Cromatografia ed elettroforesi. 5.2 La trasformazione del laboratorio organico. 5.3 La biologia molecolare, mostly biochimica travestita. 6. Verso la chimica della complessità, 1975-2000. 6.0 Il periodo 6.1 Chimica supramolecolare. 6.2 Chimica combinatoriale. 6.3 Strutture dissipative e auto-organizzazione. 6.4 Distruzione dell’ambiente vs. chimica dell’ambiente. 7. Trompe l'œil: struttura vs. reattività, ovvero O/I. 8. Quantità e qualità nella produzione industriale. 9. L'immagine della chimica. 9.1 Due o tre crisi. 9.2 Scienza & Società: l’immagine pubblica. 10. Osservazioni finali. 11. Bibliografia virtuale.
Il divenire nel tempo delle
discipline scientifiche pone molti problemi storiografici, specie quando lo
storico si pone in una prospettiva di lungo periodo, ad esempio un secolo. I problemi
sono poi tanto più complessi quanto più la disciplina, di cui si vuole narrare
la storia, sia strettamente connessa con il procedere incerto della società che
la esprime. Da questo punto di vista la chimica è assolutamente eccezionale. La
pervasività socio-economica della chimica è tale che i suoi risultati
conoscitivi sono esaltati o ignorati a seconda della connessione (presunta) con
lo stato della congiuntura economica, o della situazione sociale. Né si deve
pensare che l'opinione pubblica nel senso ampio del termine sia l'unica
responsabile della valutazione positiva o negativa che viene data delle
scienze. Istituzioni di grande rilievo come la Fondazione Nobel fanno la loro
parte, in quanto seguono quasi sempre mode 'scientifiche', e sono supine,
appiattite sulle gerarchie disciplinari imperanti nella comunità scientifica.
Ma non intendo accumulare fin dall'inizio una somma di problemi intrattabili
nel contesto di questa relazione, vorrei piuttosto fissare gli obbiettivi che
intendo raggiungere. Essi sono:
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Tracciare un profilo dello
sviluppo delle discipline chimiche nel secolo scorso, dando un particolare
rilievo agli eventi conoscitivi che hanno o potrebbero avere una ricaduta
sulla didattica. |
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Articolare su questo profilo un minimo
di riflessioni epistemologiche, con lo scopo esplicito di sottolineare
l'autonomia epistemologica della chimica. |
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Argomentare il fatto - ovvio -
che autonomia non significa isolamento, e che quindi varie forme di
riduzionismo operano all'interno delle pratiche conoscitive della chimica. |
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Citare un certo numero di
innovazioni di processo e di prodotto, per enfatizzare la complessità del
rapporto fra ricerca accademica, sviluppo tecnologico e ricaduta economica. |
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Indagare le cause di lunga e
media durata che hanno portato alla caduta di immagine di cui la chimica
soffre in tutto il mondo. |
È ovvio che il raggiungimento di
questi cinque, ambiziosi obbiettivi dipende in modo essenziale dalla partecipazione attiva del lettore alla costruzione
del senso del testo. In altri termini la relazione che segue è scritta da
uno storico di estrazione chimico-fisica che si rivolge ad insegnanti, studiosi
e storici che condividono con lui una porzione robusta della cultura
scientifica del nostro tempo. Non quella specializzata ed estrema, necessaria
per scrivere un articolo disciplinare, ma quella più soft che tutti noi avevamo all'uscita dall'Università, e che
permette(va) di comprendere in modo causale molti eventi/processi del mondo
reale.
Per
economia di tempo (mio) e di spazio (della relazione) mi sono privato del
supporto delle indicazioni bibliografiche delle fonti primarie, indicazioni che
sarebbero arrivate immediatamente a qualche centinaio. Al temine della
relazione, sempre in vista di una lettura attiva, proporrò l'uso di una
bibliografia virtuale. Prima però di iniziare il racconto vero e proprio è
opportuno che spenda ancora qualche parola su due problemi storiografici che
non sono eludibili.
è ridicolo
ipotecare
il tempo
e lo è
altrettanto
immaginare
un tempo
suddiviso
in più tempi.
E. Montale, “È ridicolo credere” 1968
Nella mia personale pratica
storiografica mi sono più volte ispirato alle poesie di Eugenio Montale, che
sono una fonte inesauribile di pensiero libero, ironico, realistico. Quando
scrive che "è ridicolo/ [...] / immaginare un tempo / suddiviso in più
tempi" coglie una verità profonda, che la ricerca storica e ancor più il
divenire stesso delle società non possono che confermare. Il fluire quotidiano
dell'umanità è un processo in cui lingue e culture diverse - in senso
antropologico - stabiliscono comunque frammentazioni che possono scomparire
solo a costo di genocidi o, meno spesso, attraverso processi secolari e forse
non irreversibili. L'inerzia delle culture reali, dei comportamenti, delle
pieghe di pensiero socialmente trasmesse è immane.
Prendiamo
una frattura temporale importante del ventesimo secolo: la Grande Guerra. Ciò che
è stato giustamente definito 'il suicidio dell'Europa' ha colpito solo di
striscio gli Stati Uniti, e ha lasciato indenne il Giappone. La prima guerra
mondiale ha costituito l'unica vera faglia nella storia dell'Italia dopo
l'Unità - e ancor più dell'Unità stessa. Malgrado il cambiamento di regime, la
seconda guerra mondiale ha avuto un effetto mediocre se non nullo sulla classe
dirigente italiana, con il passaggio compatto, indolore dei fascisti e dei
filo-fascisti a dirigere le istituzioni pubbliche e le strutture economiche
della Repubblica. Se poi consideriamo la scienza, o anche solo la chimica, la
multilinearità e l'inerzia rilevate per la storia generale non sono meno
presenti, e per le medesime ragioni.
Una disciplina scientifica matura vive di in una comunità che (a) coinvolge
migliaia di ricercatori, impegnati in settori disparati e spesso
epistemologicamente lontani; (b) possiede, usa e ricambia lentamente una
moltitudine di strumenti, apparati, macchine, teorie, lessici specialistici,
giornali, libri, dizionari, etc. etc.; (c) si riproduce con un divario sempre
più crescente fra quanti andranno a far ricerca e quanti invece faranno gli
insegnanti; (d) si suddivide in comunità specialistiche con gravi difficoltà di
comunicazione trasversale, spesso impegnate in una 'guerra civile' per la
supremazia all'interno della disciplina. Parlare di 'rivoluzioni scientifiche'
nel senso radicale di questi termini è quasi sempre pura propaganda, a favore
dell'una o dell'altra parte di comunità che, nella loro autonoma complessità,
non possono rispondere agli 'eventi fondamentali' evocati dallo storico con la
prontezza di un plotone di fanti di marina, agli ordini di un sergente.
Malgrado
tutto ciò, è la necessità stessa di una narrazione ritmata su periodi comprensibili
(più o meno una generazione) che impone allo storico la partizione del tempo.
Da questo punto di vista tecnico la periodizzazione diventa arbitraria e
legittima. Così assumerò come termine iniziale, e solo con piccoli scarti,
l'anno 1900, e suddividerò il mio racconto nei quattro periodi descritti nella
successiva sezione 1.1.
Una ventina d'anni fa divenne di
moda discutere di storia interna o esterna a proposito della storia della
scienza, indicando con questa (falsa) opposizione come racconti 'interni'
quelli che insistevano di più sugli aspetti strumentali, metodologici, teorici,
del divenire disciplinare, e come racconti esterni quelli che privilegiavano
gli aspetti istituzionali, comunitari, sociali. Tutta la faccenda si basava su
un equivoco che perdura tuttora. Non vi è alcuna impossibilità teorica di
scrivere una storia disciplinare che tenga conto sia degli aspetti classificati
come 'interni' sia di quelli definiti 'esterni'. Le difficoltà vere, anzi
verissime, sono due, e riguardano gli storici e il loro pubblico. Pochi storici
sono in grado di padroneggiare i due versanti storiografici, che pure esistono
e richiedono competenze assai diversificate. Il pubblico dei lettori di storia
della scienza, già esile, diventa o potrebbe diventare esiguo se si propone un
testo la cui comprensione richiede un modicum
di cultura scientifica a livello specialistico.
In questa
mia proposta interpretativa dello sviluppo della chimica nel '900 sarà privilegiata
l'attenzione alla crescita/diversificazione della conoscenza scientifica. Potrò dare solo un cenno minimale alle
tappe fondamentali dello sviluppo della produzione
materiale che riferiamo all'industria chimica. Infine cercherò di
differenziare diverse componenti dell'immagine
pubblica della chimica, per cogliere in esse quegli aspetti contraddittori
che ho segnalato fin dal titolo della comunicazione: uno sviluppo ineguale.
Le sezioni dalla 2 alla 6 rappresentano quasi una cronologia
della storia della chimica del '900. Esse rimangono al di sotto dello standard
accettabile per una cronologia in quanto sono estremamente selettive, e perciò
non menzionano nemmeno moltissimi eventi interessanti o memorabili. Per altro,
le sezioni dalla 2 alla 6 violano lo
stile stesso delle cronologie, perché vi sono espresse anche valutazioni
storiografiche e riflessioni epistemologiche. (Spero che questa specie di canto
monodico non annoi il lettore).
Il secolo trascorso è stato suddiviso in quattro periodi. Il primo va dal 1900 al 1918; il tema scelto riguarda essenzialmente la chimica e la fisica dell'atomo. Il secondo è accentrato sulla chimica e la chimica-fisica della struttura, e decorre dal 1918 al 1945; per molti aspetti è il periodo 'centrale' del secolo. Il periodo successivo sarà trattato sotto il titolo "Mutazione e travestimento", e riguarda gli anni dal 1945 al 1975 circa, ossia dalla fine della seconda guerra mondiale alla crisi petrolifera. Infine il periodo 1975-2000 sarà descritto all'insegna della "Chimica della complessità", titolo un po' banale e discutibile, ma con una certa valenza politica.
La stessa selezione dei fatti narrati rappresenta uno degli strumenti principali con cui lo storico giunge alla propria interpretazione del processo che sta studiando. Ogni storico ne è consapevole, mentre il suo lettore non sempre ne è avvertito, così che un aspetto cruciale dell'analisi storica rimane nascosto. Se riconsidero gli obbiettivi di questa comunicazione (sezione zero), potrei 'riunificarli' in un singolo progetto: all'‘interno’ della disciplina la descrizione dei mutamenti nelle procedure conoscitive dei chimici, : all'‘esterno’ della disciplina un primo rilevamento delle cause del declino di immagine.
La parte più esplicitamente interpretativa della relazione inizierà con la sezione 7, dove mi chiederò se didatti e storici non siano vittime di un trompe l'œil, che mette in rilievo solo le ricerche sulla struttura molecolare a scapito di quelle sulla reattività. La sezione 8 toccherà il problema del rapporto fra quantità e qualità nella produzione industriale, mentre la sezione 9 entrerà nel merito di due o tre crisi che nel secolo scorso hanno colpito l'immagine della chimica. Nella decima e ultima sezione sono poste alcune riflessioni che si avvicinano pericolosamente ad un tipo di osservazioni tipico della politica della scienza, attività importante e dignitosa, che - tuttavia - evito come la peste da molti anni.